Intervista
per il Giornale dell’Odontoiatra
Oggi vi presentiamo un prodotto abbastanza particolare e forse unico nel panorama ortodontico: un software basato su tecnologie di intelligenza artificiale in grado di affiancare il clinico nella sua scelta diagnostico terapeutica. Il software Sibilla è infatti in grado di analizzare diversi parametri clinici del paziente in esame e di suggerire all’ortodontista la scelta terapeutica più adeguata, basandosi su una base di conoscenza acquisita analizzando migliaia di casi già trattati da alcuni tra i migliori professionisti d’Europa e degli Stati Uniti. Ne parliamo con il Dott. Massimiliano Vassura, Project Manager della Medical Neural Engineering di Milano che ha realizzato il software.
Dott. Vassura, come è nata l’idea di Sibilla?
Lavoriamo a questo progetto ormai da molti anni. Abbiamo cominciato circa 4
anni fa mio fratello Gabriele ed io, cercando di formalizzare il procedimento
diagnostico in ortodonzia. Abbiamo tentato varie strade: prima con la teoria
dei grafi, poi con la fuzzy logic e, infine, con le varie tecnologie di
intelligenza artificiale. Abbiamo concluso che le Reti Neurali Artificiali
fossero lo strumento più adatto a risolvere questo tipo di problemi.
Cosa sono le Reti Neurali?
Le reti neurali sono una tecnologia che consente al computer di apprendere,
di acquisire una conoscenza specifica in un determinato dominio del sapere. Le
reti neurali sono il tentativo di riprodurre artificialmente l’architettura
biologica del cervello e di sfruttarla per mimare le funzioni cognitive del
cervello stesso. Esistono due fasi nell’utilizzo delle reti neurali. Nella
prima la rete neurale viene addestrata sottoponendole una serie di casi già
trattati e dei quali si fornisce la soluzione. Nella seconda la rete può essere
utilizzata per sottoporre casi che non facevano parte del suo paniere
d’addestramento, ovvero casi che non aveva mai “visto”.
Cosa intende per sottoporre alla rete dei casi?
Ognuno di noi sa che un problema è definito da una insieme di variabili.
Per analizzare la scelta terapeutica da praticare sull’adolescente Mario Rossi,
l’ortodontista tende a ridurre il soggetto fisico Mario Rossi ad un insieme di
variabili che lo rappresentino in maniera adeguata al suo ragionamento clinico.
La scelta delle variabili è quindi fondamentale: non devono essere troppe per
non rendere il processo decisionale troppo lungo e magari impossibile, non
devono essere troppo poche per non correre il rischio di aver tralasciato
qualche variabile essenziale al processo diagnostico.
Sostanzialmente alla rete viene sottoposto il caso del Sig. Mario Rossi
comunicandole i valori delle variabili che lo rappresentano.
E quindi è importante una scelta di variabili
adeguata. Come avete operato nella scelta delle variabili necessarie e
sufficienti a definire un paziente?
Effettivamente è stato un lavoro incredibilmente duro. Ma la soluzione più
efficace era li sotto i nostri occhi e l’abbiamo assunta come ipotesi di
lavoro, procedendo poi “popperianamente” alla sua falsificazione. In sostanza
abbiamo preso i parametri che vengono proposti dalle varie società scientifiche
in sede di accreditamento tra colleghi. Per diventare soci del CEO (Collegio
Europeo d’Ortodonzia), ad esempio, si sostiene un esame clinico in assenza del
paziente, ma attraverso una sua rappresentazione semantica: un insieme di
variabili che sono espressione delle caratteristiche biologiche più salienti ai
fini della diagnosi e cura del caso in oggetto. Se la rappresentazione
semantica del paziente è adeguata per discutere con una commissione d’esame o
tra colleghi, abbiamo ritenuto che potesse essere sufficiente anche per
l’addestramento della rete neurale. Nella fase di addestramento abbiamo quindi
cominciato a sottoporre alla rete neurale i casi dei pazienti fornendo anche le
soluzioni diagnostiche attuate per quei casi. E’ stato davvero interessante,
direi entusiasmante, questa fase della nostra ricerca, perché mano a mano che
la rete apprendeva, ci sottoponeva delle domande affatto banali alle quali
abbiamo dovuto dare delle risposte e che sono state ulteriore fonte di
indagini.
Per esempio?
Per esempio la rete, dopo un sufficiente periodo di allenamento, ha
cominciato a farci notare delle incongruenze in alcuni casi ortodontici che le
avevamo sottoposto. Dal momento che i casi ci erano stati forniti in tabelle di
database, alcuni parametri, alcune variabili, contenevano errori di battitura.
E’ incredibile notare come la rete ci abbia segnalato tutti i refusi dei casi
ortodontici sottoposti al suo apprendimento. La richiesta della rete era di
capire il perché quei casi si discostavano in modo evidente da ciò che lei
andava imparando!
Un altro esempio è stato che la rete ad un certo punto ci ha segnalato che
alcuni parametri (variabili) non erano necessarie per stabilire diagnosi e
trattamento.
Come è stato possibile che la rete vi segnalasse
questo tipo di informazione ?
Ovviamente io parlo per metafore, non siamo di fronte al computer Hal di
Odissea 2001.
La rete neurale, alla fine dell’addestramento, non è niente altro che una
equazione matematica, che assegna un peso, una rilevanza, un fattore di
moltiplicazione, ad ogni variabile in entrata. Si risolve l’equazione e si
ottiene un valore in uscita che rappresenta la diagnosi-trattamento proposto
dalla rete neurale.
Analizzando l’equazione alla fine di ogni ciclo di allenamento avevamo
notato che alcune variabili avevano un peso, un fattore di moltiplicazione,
infinitesimale o molto basso. Abbiamo a questo punto allestito varie reti,
alcune con tutti i parametri, alcune senza i parametri infinitesimali e la abbiamo
fatte “giocare l’una contro l’altra” (anche questa è una metafora ovviamente)
ed abbiamo notato che le performance delle reti, in molti casi erano
assolutamente sovrapponibili. E per una delle note leggi della matematica, se
un problema è risolvibile con meno parametri con la stessa efficienza, si segue
quella via per risolvere il problema.
Che parametri erano quelli che avete sacrificato?
Ecco, la sua domanda è assolutamente pertinente, perché noi ci sentiamo
sempre fare la domanda opposta : “perché la rete non considera i
parametri estetici?”.
In sostanza la rete faceva diagnosi alla stessa maniera sia che le si
fornissero in entrata i parametri estetici sia che non le si fornissero questi
parametri. Diciamo che “per la rete” quei parametri erano inutili ai fini
dell’identificazione della diagnosi. Probabilmente non saranno inutili per il
clinico, o per qualche clinico, ma per la rete e per il procedimento
diagnostico in generale abbiamo matematicamente dimostrato che non erano
necessari.
Consapevoli del portato di questa affermazione abbiamo dunque svolto una
revisione critica della letteratura ortodontica sulla rilevanza che i parametri
estetici dovessero avere sul piano di trattamento, sulla possibilità che un
trattamento ortodontico modifichi in modo “intenzionale” l’estetica del
paziente, ma, soprattutto, sulla possibilità di standardizzare la raccolta di
dati relativi ai tessuti molli. Ebbene ci siamo resi conto che, pur essendo il
problema estetico di enorme rilievo nella valutazione dell'ortodontista, per
vari motivi esso risulta essere secondario nella scelta di un trattamento.
Ma ha realizzato lei il software per la rete
neurale?
Assolutamente no. Il merito della realizzazione pratica di questo software
va al Dott. Oreste Venier, laureato in fisica nucleare e specialista in fisica
sanitaria, che è anche il presidente della nostra società. La sua competenza,
la sua intelligenza e la sua umiltà nel voler comprendere il dominio del
problema prima di farlo comprendere alla rete neurale sono stati determinanti.
Io credo che alla base di questo risultato, unico al mondo a quanto ci risulta,
ci sia stata proprio la capacita di Gabriele di trasmettere in maniera chiara
le esigenze di un ortodontista e del Dott. Venier di fare un salto
epistemologico dal mondo della fisica a quello della biologia.
Come sono state accolte le vostre ricerche ed il
vostro software?
In maniera abbastanza discordante e per certi versi sorprendente.
Pur essendo un prodotto destinato a facilitare il lavoro degli ortodontisti
meno esperti, i maggiori consensi ci sono arrivati dai professionisti più
qualificati, i quali, pur non avvertendo la necessità di un software
diagnostico sussidiario, hanno capito appieno i risultati e le potenzialità del
nostro lavoro. Basti ricordare che la relazione tenuta dal dott. Ugo D’Aloja
nel corso dell’ultimo congresso nazionale Sido di Genova, è valso a tutti noi
il premio per la miglior relazione scientifica originale della sessione.
In altre sedi ci saremmo aspettati una accoglienza più ospitale,
soprattutto in considerazione della comune estrazione culturale, quella
tweediana. Ma ci rendiamo conto che alcuni pregiudizi nei confronti dei
computer sono difficili da superare, soprattutto se ci si arrocca su posizioni
aprioristiche di chiusura intellettuale.
Nonostante questo il progetto si è concluso, maturando un debito di
riconoscenza verso alcuni professionisti e istituzioni, senza le quali non
avremmo mai potuto procedere: tra questi la Tweed Foundation di Tucson nella
persona di Jim Ferguson, il College Europeene d’Orthodontie nella persona di
Joseph Giordanetto e l’Università di Ferrara nella persona del prof. Siciliani.
Quali sono le critiche e le difficoltà principali
nelle quali vi siete imbattuti?
Le critiche sono un po’ sempre quelle: “la macchina non può fare diagnosi
come un essere umano”, “non si può non tenere conto dei parametri estetici
nella diagnosi”, “la clinica è sovrana; non si può ridurre un essere umano ed
un caso clinico ad un insieme di sedici variabili”.
Le difficoltà sono principalmente dovute alla scarsa cultura informatica
della maggior parte dei colleghi, che guardano ancora lo strumento informatico
con un certo sospetto.
Come avete intenzione di rispondere alle critiche
?
Abbiamo pensato a qualcosa di abbastanza clamoroso, se mi è consentito il
termine: prima l’affiliazione al C.e.o. e poi il Test di Turing.
Può spiegarsi meglio?
Stiamo preparando un protocollo d’esame per Sibilla che gli permetta di
sostenere l’esame di affiliazione presso il C.e.o., alla stregua di un
professionista qualificato. Questo tipo di esame si presta in modo particolare
poiché nel corso della prova il candidato deve dare prova solo delle proprie
capacità diagnostiche, nel senso che deve dimostrare di saper effettuare una
scelta di trattamento adeguato per il caso in esame: esattamente quello che fa
Sibilla. Se tutto va bene ci proveremo nel prossimo mese di Giugno. Sarebbe un caso
senza precedenti se l’esperimento dovesse riuscire.
E il test di Turing?
Turing è stato il teorico di quel tipo di matematica che è stata utilizzata
poi da tutti i computer, che lui ha contribuito a realizzare insieme a Von
Neumann. Turing ipotizzò un test che dirimesse l’annosa questione inerente la
possibilità che le macchine possano pensare o che possano essere dotate di
intelligenza. Per realizzare il test bisogna procedere così: si predispongono
due stanze, in una si posiziona il computer, in una altra si posiziona un
essere umano. A questo punto un altro essere umano collegato alle due stanze
solo tramite tastiera e monitor, digita una domanda. Sia l’essere umano che la
macchina rispondono alla domanda. Se l’esaminatore non riesce a distinguere quale
risposta è del computer e quale dell’essere umano è dimostrato che la macchina
possiede abilità intellettive paragonabili a quelle dell’essere umano al quale
è stato confrontato.
Noi vogliamo fare la stessa cosa: mettere Sibilla in una stanza ed un esperto
in ortodonzia in una altra stanza, poi un esaminatore sottopone un caso clinico
fornendo le stesse variabili che vengono comunemente fornite durante una seduta
d’esame. Se Sibilla e l’esperto danno la stessa scelta terapeutica è ovvio che
ragionano allo stesso modo, se danno risposte differenti l’esaminatore dirà
quale è la risposta giusta.
E’ una prova molto impegnativa per una macchina e di conseguenza anche per
noi che la stiamo progettando, ma decisamente affascinante, anche perché,
comunque vada, avremo imparato qualcosa che ci tornerà utile nella nostra
professione. Credo che se Sibilla passera queste prove, sarà la migliore
risposta possibile ai nostri detrattori.
Mi par di capire che anche voi siete molto
interessati a “mettere alla prova” Sibilla, nonostante l’evidente rischio
commerciale.
Noi siamo interessati seriamente a valutare se l’informatica può dare un
contributo concreto all’ortodonzia, ma soprattutto a dimostrare che il processo
diagnostico in ortodonzia è formalizzabile e quindi riproducibile da chiunque
studi adeguatamente gli algoritmi diagnostici. Sibilla non sarà mai più brava
di un ortodontista molto esperto e con molti anni di pratica alle spalle.
Noi siamo alla ricerca dei punti deboli di Sibilla, vogliamo stressare la
nostra creatura perché abbiamo intenzione di migliorarla. Vogliamo che Sibilla
si basi su fondamenta scientifiche e non su una moda o su ipotesi campate in
aria e non falsificate. Il lato commerciale è importante, perché i soldi sono
sempre importanti, ma non è stato il principale motivo per il quale abbiamo
cominciato questa avventura e neanche il motivo di fondo che ci ha stimolati a
continuarla nei momenti di difficoltà.
Se un ortodontista od un dentista volessero
contattarvi per saperne di più?
Chiunque può visitare il nostro sito internet www.mne.it
dove sono presenti dei link per sapere di più su Sibilla e leggere la
bibliografia pubblicata od in corso di pubblicazione. Personalmente posso
essere contattato all’indirizzo di posta elettronica vassura@libero.it